Museo del Tabacco di Carpanè
La coltura del tabacco ha avuto in Valbrenta un ruolo fondamentale fino al secolo scorso. La semina aveva inizio a febbraio, in un piccolo semensajo vicino a casa. Erano le donne a seminare e poi, intorno a maggio, a trapiantare le pianticelle nei terrazzamenti dove la terra era stata preparata.
Suddivisa in quadrati regolari ed equidistanti con i denti del rastrello, la superficie ospitava le piante più belle il cui sviluppo era accompagnato dalla concimatura, dalla cimatura (i fiori venivano tolti per rinvigorire la pianta) e dalla sbranciatura, che consisteva nell’eliminare le foglie basali sotto il controllo dei funzionari, in modo che esse non venissero avviate al contrabbando. Alla fine di agosto le foglie, 6-7 per pianta, venivano raccolte, impacchettate e portate a casa nel solaio dove si lasciavano asciugare; quindi venivano essiccate nei granai appese a delle assicelle e vi rimanevano fino a dicembre, girandole frequentemente affinché non marcissero. Quindi, selezionate le migliori e raggruppate in mazzi, venivano consegnate ai magazzini. Da questa certosina opera nascevano i sigari campesani e i nostrani del Brenta, entrambi ricercatissimi.
Oggi i terrazzamenti sono in parte abbandonati, in parte riconvertiti ad altre colture – olivo, vite, orto – e dunque recuperati. Il loro ruolo idraulico è fondamentale per la staticità dei versanti, contenendo sia il franamento e il dilavamento, ma continuano a svolgere anche un’importante funzione ecologica di habitat sia per piante che per animali selvatici.
Le pietre dei muri, infatti, hanno la capacità di accumulare una buona quantità del calore diurno che poi rilasciano durante la notte. Di questa situazione approfittano delle pianticelle come la malva, la ruta dei muri, la cimbalaria o l’erba pignola, per citare le più comuni e riconoscibili. Sul piano faunistico, la tessitura delle pietre è dimora ideale per porcellini di terra, millepiedi, chiocciole, ragni e rettili, a cominciare dalla lucertola muraiola (Podarcis muralis).