La Storia
ALBERTO PAROLINI
Quando i Remondini – rinomati stampatori padovani – giunsero a Bassano a metà del 1600, svilupparono così intensamente la loro attività che rimasero in breve senza materia prima. Così decisero di produrre carta in proprio, e a metà del 1700 acquisirono una propria cartiera – che dava lavoro a un centinaio di operai – alimentata proprio dalle acque dell’Oliero.
Il fiume, uno dei più corti del mondo, era proprio quel che serviva per la produzione di pasta di cellulosa per via delle sue acque limpide e pulite.
Già a partire dal XVI sec. erano presenti lungo il torrente Oliero diverse attività che sfruttavano la forza motrice dell’acqua (segherie, fucine, cartiere, mulini). Questi opifici erano di proprietà di alcune fra le più importanti famiglie dell’aristocrazia veneziana, che in questo periodo era stata costretta a spostare i propri interessi economici dal mare all’entroterra.
L’edificio che ospita l’attuale biglietteria e il museo era una cartiera facente parte del complesso di fabbricati appartenuti prima ai Remondini e in seguito ai Parolini, entrambe importanti famiglie di Bassano del Grappa. L’edificio venne quindi abbandonato ed in seguito acquistato dalla cartiera Burgo, la quale fece costruire una diga in modo da convogliare le acque dell’Oliero verso una centralina idroelettrica a Campolongo, ancora funzionante. Nell’immediato dopoguerra la parte meridionale dell’edificio (quasi metà), venne abbattuta perché pericolante, ponendo termine all’attività produttrice della cartiera.
Presso il museo sottostante la biglietteria sono ora visibili al pubblico, come preziose testimonianze storiche, il grande vascone quadrangolare in pietra per la macerazione degli stracci per la produzione della pasta da carta e le basi delle macine di roccia calcarea utilizzate nella cartiera Remondini per la fase successiva di raffinazione.
Ma torniamo alla famiglia Parolini. Con le guerre napoleoniche della fine del ’700 e la sua progressiva decadenza, la cartiera venne acquistata da Francesco Parolini, un nobile imprenditore bassanese. Fu il figlio Alberto, appassionato naturalista, ad esplorare per primo il bacino dell’Oliero, a scoprire gli ingressi delle grotte e ad aprirle al pubblico.
La famiglia Parolini possedeva tutta l’area bagnata dal corso dell’Oliero, e quindi il giovane Alberto Parolini ebbe modo di compiervi delle escursioni. Per la copiosità e la costanza dell’acqua che usciva dalla montagna e per la presenza già nota di un paio di grotte, egli ipotizzò una rete idrica sotterranea ricca di altre cavità. Fece alcuni lavori per allargare alcune crepe nella roccia, utilizzando della dinamite, e nel 1822 potè attraversare per primo il laghetto interno del Covol dei Siori. È il Parolini a dare alle grotte di Oliero i nomi tutt’oggi usati: grotta Parolini al Covol dei Siori, grotta Cecilia di Baone al Covol dei Veci, in ricordo della leggenda, e Cascatelle di Tivoli alla piccola sorgente a metà strada fra le due grandi, e poi grotta delle sorelle in onore delle due figlie: Elisa, colta e studiosissima, moglie dell’alpinista John Ball e morta a soli 37 anni, ed Antonietta, moglie al nobile Paolo Agostinelli, gelosa custode delle grotte di Oliero e continuatrice delle opere del padre. Alberto Parolini nacque il 24 Giugno 1788. Ne frequentava la casa il Brocchi, che con una sua operetta stampata nel 1796 svegliò in lui l’amore della botanica. Il Parolini raccolse e coltivò piante nell’orto domestico, e cominciò quel giardino ora tanto celebre e ordinato. Nel 1805 andò a Padova a studiare l’orto botanico ed a sentire le lezioni del Bonato. Il Brocchi svegliò poi in lui anche l’amore per la mineralogia, e gli fece fare, a Pavia e Milano, conoscenza con molti dotti. Nel 1811 e 1813 il Parolini viaggiò per istruzione col suo ispiratore, e da quei viaggi ritornò ricco di cognizioni e minerali. Nel 1816 andò in Baviera, lungo il Reno, Olanda, e nel 1817 in Francia e Inghilterra. Nel 1819 col naturalista inglese Filippo Barker-Webb visitò la Grecia e l’Asia Minore, del quale viaggio scrisse al suo amico Brocchi una relazione che successivamente stampò. In quel viaggio egli fece molte ed importanti osservazioni geologiche, e ne riportò varie piante, di cui una battezzata Centaurea Parolini. Col Webb, passando per la Sicilia, ritornò a Bassano, dove divise le raccolte fatte durante il viaggio. Dopo di allora egli studiò tutta la vita, ordinando le sue collezioni, che ora sono fra i tesori più preziosi del patrio museo, e che gli procurarono fama non solo italiana, ma anche estera, e lo coprirono di meritate onorificenze. Morì il 15 Gennaio 1867.